Andrea Piardi è uno dei fischietti italiani più apprezzati a livello internazionale. Con la sua esperienza in campo e la capacità di gestire partite di altissimo livello, rappresenta un punto di riferimento per il rugby italiano, capace di diventare il primo arbitro italiano ad arbitrare una partita dei British & Irish Lions.
In questa intervista ci racconta il suo percorso, le sfide e le emozioni che si vivono dal punto di vista dell’arbitro, dentro e fuori dal rettangolo di gioco, e soprattutto ci ricorda che è possibile iscriversi al corso per diventare Arbitri di Rugby - Grado I organizzato dal CRA LOMBARDIA, che si terrà il 27 settembre online.
Come hai cominciato ad arbitrare e, soprattutto, perché?
Ho iniziato ad arbitrare a vent'anni, anche qualcosa prima a seguito di un infortunio al ginocchio, sono rimasto fermo 9 mesi. Ero nel rugby Brescia insieme a Gianluca Gnecchi, lui era già arbitro, e parlandone, mi ha proposto di diventare arbitro, di fare il corso. Quando ho ripreso a giocare parallelamento ho fatto anche il corso arbitri. Poi mi è piaciuto e ho continuato questa carriera.
Qual è l'aspetto più bello e/o emozionante dell'arbitrare una partita di rugby?
L'aspetto più emozionante è rimanere in campo anche da non giocatore, essere parte della partita da un altro punto di vista, ovviamente, quello arbitrale, non da giocatore e essere parte integrante del gioco e quasi riuscire a gestirlo e indirizzarlo nel migliore dei modi.
Essere parte attiva del gioco anche senza la palla in mano.
La partita più bella che hai arbitrato?
La partita più bella che ho arbitrato penso sia stata quest'estate tra i Lions e l'Australia, quindi tra i British and Irish Lions e l'Australia. È stata la partita più bella penso sia come contorno di pubblico, perché c'erano 90.000 persone, sia per il significato storico della partita in sé del tour dei Lions. E poi anche perché è stata veramente una bella partita.
Cosa si prova ad arbitrare in uno stadio con 90.000 persone dove probabilmente c'è maggior pressione sull'arbitro che sui giocatori?
Ma sai, tutto è all'inizio prima di fischiare, quando tu entri e vedi questo muro di persone, questa marea di gente davanti a te, persone che tifano le loro squadre, pochi tifano l'arbitro, in effetti. È molto, molto emozionante.
Una volta che fischi tutto il contorno sparisce. Rimane la concentrazione, il gioco, le squadre, il rapporto coi capitani, il rapporto con i giocatori.
Certe volte è più difficile arbitrare in campi di provincia con 20 persone che le senti tutte e 20, piuttosto che 90.000 che diventano un rumore di sottofondo.
Il pubblico condiziona in determinati momenti che sono quelli in cui magari vai al TMO, in cui senti la pressione che sale perché vieni inquadrato tu e non la partita sui maxi schermi, sentono la tua voce. Quindi quello sicuramente ti può mettere pressione, però se sei convinto delle tue decisioni, sei convinto di quello che stai guardando, del processo mentale che stai seguendo, la pressione viene meno.
Che rapporto hai con i giocatori e con gli allenatori prima, durante e dopo la partita?
Io cerco sempre di avere un rapporto veramente onesto coi giocatori. Non esistono livelli, non c'è un livello arbitro, un livello giocatore, in cui io sono più importante di loro o, viceversa, loro sono più importanti di me. Penso sia importante mettersi tutti sullo stesso piano, parlare molto francamente, liberamente, ammettere quando si sbaglia, quando non si è sicuri. Quando una chiamata, magari rivista al replay che passa sul maxi schermo, non è perfettamente corretta, basta alzar la mano e dire "ok ragazzi, ho sbagliato, andiamo avanti con la partita", proprio come succede a loro quando sbagliano un passaggio, sbagliano un placcaggio e via dicendo. Per cui il rapporto secondo me deve essere un rapporto anche di fiducia, nel senso che più fiducia hai verso giocatori, più fiducia loro hanno nei tuoi confronti, maggiore è la possibilità di gestire tu umanamente e sportivamente la partita.
È vero che più si sale di livello e più è facile gestire i giocatori.
No, più si sale di livello più è difficile avere a che fare con i giocatori perché sanno esattamente quando andare a punzecchiarti, a metterti pressione e sanno esattamente cosa dire al momento giusto, alle volte hai a che fare con dei giocatori che di regolamento ne sanno veramente molto e si mettono a discutere le decisioni che vai a prendere.
Diciamo che più sai il livello, più i giocatori ti conoscono e più il rapporto, come dicevo prima, è un rapporto di fiducia, quasi tra colleghi, tra virgolette, anche se non siamo colleghi giocatori e arbitri, però passatemi il termine. Più scendi di livello, più invece hai meno pressione a parlare coi giocatori, però i giocatori si sentono quasi più in diritto di approcciarsi in maniera non totalmente corretta.
Come prepari una partita importante, studi le squadre, studi i singoli giocatori, fai una preparazione particolare a livello fisico, hai una routine?
La settimana tipo è una settimana in cui ci si allena in campo e in palestra, anche con un inserimento di allenamenti di Spinning o nuoto.
E poi si lavora il weekend, quindi in base al giorno della partita sabato, venerdì o domenica, cambia un pochino anche il programma .
In parallelo, durante la settimana vai ad analizzare la partita che hai fatto il weekend precedente, quindi fai una review della partita, lavori con il tuo coach, con il performance reviewer che in pratica ti darà una sorta di voto di quello che è stato il tuo arbitraggio durante la gara e poi vai a preparare la gara successiva analizzando le squadre, analizzando le ultime partite, analizzando cosa fanno determinati giocatori.
Quindi c'è proprio una conoscenza del giocatore. Richie McCaw che entrava sempre sempre di lato, oggi lo sapete in anticipo?
Analizziamo il comportamento di determinati giocatori sul punto di incontro, che è il focus maggiore per la quantità di ruck che ci sono durante una partita. Certi giocatori fanno azioni più o meno legali, ma le fanno talmente veloci che certe volte ti posso mettere in difficoltà. Se tu hai già chiaro in testa quale situazione ti puoi trovare davanti, non rimani sorpreso durante la gara.
La sorpresa durante la gara è per noi sempre un problema, cerchiamo di non arrivare a essere sorpresi durante una partita.
Ritornando alle partite, la più difficile che hai arbitrato?
Le partite più difficili che ho arbitrato penso non siano di nazionali, ma di club. In particolare, le partite di Champions Cup sono tra le più complicate, le più difficili.
Mi viene in mente una partita, La Rochelle – Munster di quest’anno, è stata molto complicata. Molto combattuta, molto difficile da gestire sia come animi in campo, sia come decisioni. La difficoltà è stata quella di gestire i giocatori e le decisioni stesse che sono state prese durante la gara.
Hai un idolo, qualcuno a cui ti ispiri come come arbitro?
A me piacevano tantissimo Steve Walsh e Romain Poite, erano arbitri che secondo me riuscivano a dare una loro linea di pensiero. Non posso ovviamente non dire Alain Rolland perché è il mio coach, per cui una menzione va anche a lui che ha diretto la finale della Coppa del mondo nel 2007.
C'è un episodio divertente che puoi raccontarci adesso?
Episodi divertenti ce sono parecchi, sia a livello di team arbitrale, sia di cose che succedono durante la gara, sia di situazioni in cui sono capitato. Molte volte sono stato placcato durante la gara dai giocatori. Un esempio, una clip che era uscita anche sui social, era un placcaggio che ho subito, non un placcaggio, ma mi sono venuti addosso perché ero in mezzo. In una partita di Champions Cup tra Bath e Leinster, Ringroese mi ha puntato e mi ha mi ha quasi asfaltato. Mi ha fatto venire un bernoccolo sulla testa con una gomitata. Quella è stata una situazione divertente perché poi, per sdrammatizzare, ho chiamato l’HIA (Head Injury Assessment) per l'arbitro.
Guardando avanti, quali sono i tuoi obiettivi e i sogni che vorresti realizzare?
Ce ne sono tanti. L'obiettivo principale in questo momento è arrivare alla Coppa del mondo come arbitro, quindi come primo arbitro italiano a partecipare alla Coppa del mondo nel 2027 in Australia e poi confermarmi a livello World Rugby: arbitrare ancora il Sei Nazioni, partite di Semifinali di Coppa Europa.
Ci sono tante cose che mi piacerebbe fare, mi sento ancora abbastanza giovane, sia dal punto di vista di esperienza arbitrale, sia dal punto di vista umano, per cui voglio provare a raggiungere diversi obiettivi.
Un consiglio che daresti a un giovane che vuole intraprendere il percorso da arbitro?
Il mio consiglio principale che di solito do ai ragazzi quando li incontro in sezione o sui campi è di non porsi dei limiti. Io non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare ad arbitrare i Lions, non avrei mai pensato di riuscire a essere selezionato come assistente nella Coppa del mondo.
Non bisogna porsi dei limiti e porsi, invece, dei sogni. Cercare di raggiungerli. Ho sempre desiderato, sempre sognato, di poter arbitrare al Sei Nazioni e ho seguito questo obiettivo, questo sogno. Nel momento in cui ci si pone dei limiti questi sogni vengono meno.
Arrivare all’alto livello, è complicato, è difficile, non è scontato, però se uno ci crede veramente, se uno vuole lavorare in quella direzione, magari non ci arriva, ma se si pone già dei limiti non ci arriverà mai, non c'è speranza. Quindi non ponetevi limiti. Provateci. Io vorrei arrivare lì, do tutto me stesso, se ci arrivo bene, se non ci arrivo torno a casa senza rimpianti.
Cosa significa arrivare ad alto livello?
Arrivare all'altro livello è un percorso che nasce prima a livello regionale.
Prima si fa formazione in regione, ci si consolida nella propria regione e poi si diventa arbitri nazionali.
Non è uno scherzo pensare che più partite si arbitrano a basso livello, passatemi il termine basso livello, più capacità di soluzione si avranno ad alto livello.
Perché più il gioco è complicato dal punto di vista dei giocatori, delle loro capacità tecniche, più apprenderai come gestire la partita.
Molte volte arbitrare una partita di alto livello, è più facile perché le azioni dei giocatori sono degli automatismi per loro. E quindi la tua posizione sarà più facile da ricercare.
Quello che vedrai sarà più facile certe volte da gestire. Certo, la velocità è diversa però è più facile per certi aspetti, invece in regione ci sono tanti aspetti e tante diverse modalità di gioco delle squadre, di livelli tecnici, il rapporto con i giocatori che non sono dei professionisti.
Per cui, più ci si consolida a livello regionale, più ci saranno chance di passare a livello nazionale e avrai acquisito delle abilità, delle skills che utilizzerai anche a livello internazionale. Quindi il percorso è regione, nazione, Europa, mondo.
Tutto nasce da quanto ti metterai in gioco all'interno della tua sezione. Tutto nasce da lì, non si nasce imparati, purtroppo.
Si nasce, si diventa, si cresce passando proprio dalle categorie under 14, under 16, under 18 e così via. Il rugby di base è la palestra, non l'alto livello.
Il rugby di base è la palestra anche per formarsi come arbitri dal punto di vista umano, perché io ho iniziato a vent'anni che ero un ragazzino.
Avere a che fare con 30 persone in campo, dirigenti, persone più mature di te, più anziane di te, arrivare al campo da solo, perché al basso livello sei da solo ad arbitrare, non hai assistenti, non hai giudici di linea che vengono con te. Contribuisce tutto alla formazione della tua persona. Non è soltanto la formazione arbitrale, è la formazione della tua persona, della tua personalità. La mia personalità è cambiata tantissimo dopo che ho iniziato ad arbitrare.
Arbitrare è un percorso, secondo me, estremamente affascinante, perché veramente ti mette in gioco come persona.
A livello individuale, invece, arrivare all'alto livello, cosa comporta?
Arrivare all'alto livello vuol dire essere dei professionisti. L’alto livello è professionismo, per cui è avere una sorta di rigidità in quella che è la tua persona. Vuol dire allenarsi una o due volte al giorno, vuol dire viaggiare tanto, vuol dire stare lontano dalla famiglia.
Sacrificio. Sacrificio tuo, sacrificio delle persone che ti sono vicine.
Ci sono state delle stagioni in cui sono stato via anche 5 mesi su 12, per cui le persone vicino a te sacrificano molto e tu sacrifichi molto del tuo tempo per seguire quella che è la tua passione, che in questo momento è anche il mio lavoro.
Per cui sì, direi che l'alto livello è solo sacrificio, sia dal punto di vista sportivo, sia dal punto di vista umano, delle persone che sono vicine a te.
Ci saranno anche delle soddisfazioni, immagino.
Certamente! Tante soddisfazioni. Quando si arriva ad alto livello e si arbitra il Sei Nazioni e Champions Cup importanti le soddisfazioni sono tantissime, però diciamo che il sacrificio è la base di tutto.