Il cerchio della vita, qualche volta, diventa un ovale, schiacciato dal peso delle dure prove che ci riserva il destino. Ovale, però, è anche la forma di un pallone che riesce a farci superare noi stessi e gli ostacoli che quel destino ci pone davanti. Questa è una piccola grande storia che raccogliamo dagli amici del Rugby Parabiago e rilanciamo volentieri, perché parla di bambini, sport, disabilità, speranza e orgoglio. E del fatto che, come amava dire l’indimenticato presidente di questa società Pietro Dallù, nel fiume della vita che scorre, “chi non avanza, retrocede”.
«Un venerdì di novembre di quelli, per fortuna, con un po’ di pioggerellina e una accenno di nebbia. Forse non il tempo ideale per allenarsi all’aperto, ma i bambini e i ragazzi che stanno giocando qui “alla casa del rugby” non sembrano infastiditi dal clima. In fondo, la tensostruttura è illuminata; è li che incontriamo Fabrizio, il papà di Simone (i nomi sono di fantasia ndr).
Simone si è iscritto da poco al Rugbytots e ora si sta allenando insieme ai compagni di squadra, guidati da Federico. A guardar bene, il coach sembra uscito dalle pagine di Collodi, ma è un Mangiafuoco dolce mentre segue i salti e le corse dei bambini. E’ attento, le regole sono precise, uguali per tutti perché “la linea” deve avanzare insieme ma, come ricorda il motto, l’apprendimento può essere divertente. Ed è proprio questa atmosfera divertente che si respira qui, sotto il tendone illuminato dalle corse dei bambini. Lo sguardo di Fabrizio, però, racconta anche un’altra storia, la storia di Simone.
A pochi mesi di vita, Simone ha avuto una emorragia cerebrale che ha dato il via al calvario di Simone e dei suoi genitori. Oltre 300 i giorni di ospedalizzazione in così pochi anni di vita, ai quali si aggiungono le terapie continue. La diagnosi è grave: emiparesi destra e conseguente riduzione del campo visivo. Una sentenza drammatica con la quale occorre imparare a convivere. Visite, terapie, psicomotricità, i genitori non si arrendono e fanno l’impossibile per aiutare Simone a crescere al massimo delle sue possibilità, ma a un bambino serve di più: serve divertirsi e giocare con gli altri bambini, esattamente quello che Simone sta facendo in questo venerdì di novembre nel campo di via Carso.
Fabrizio lo guarda da bordo campo con un po’ di apprensione e molto orgoglio perché, ci racconta, è stupito dei risultati che suo figlio ha raggiunto in questo breve lasso di tempo. Nessun miracolo, si intende, e nessuna illusione. Le terapie tradizionali continuano, ma è riuscito a inserire nell’intenso programma di cura, anche l’allenamento del RugbyTots dove, oltre alla necessaria psicomotricità, Simone sperimenta l’emozione di essere parte della squadra. Fabrizio e la mamma di Simone, vogliono ringraziare gli allenatori e i ragazzi del Rugby Parabiago 1948 dove, sottolinea, ha trovato persone tecnicamente e umanamente di spessore.
Mentre parliamo, i bambini saltano gli ostacoli, si infilano nel tunnel, prendono confidenza con i palloni ovali, sono concentrati, non vogliono perdere l’occasione di conquistarsi un nuovo sticker a fine allenamento. Un applauso segna lo scadere del tempo, i genitori sono pronti ad accogliere i piccoli. Mentre ci salutiamo penso al cerchio della vita, quella perfezione che ognuno di noi auspica per i propri figli. Quel cerchio che ogni tanto la vita schiaccia sotto il peso di prove durissime fino a farlo a farlo diventare ovale. Per fortuna ci sono posti in cui la palla ovale è l’inizio di un’avventura e non la fine di una storia, quindi Simone, benvenuto al Tots!.»